E Uvui durmiti ancora (strumentale. Strumenti a plettro)
Come recitano i libri di storia,contrariamente al resto della Sicilia, il comprensorio delle Madonie non conobbe il fenomeno del latifondismo in misura così marcata così come altrove.
Molti contadini furono piccoli proprietari terrieri di poderi che coltivavano e con i quali provvedevano al sostentamento delle loro famiglie..
Sino a metà dell'ottocento, Terre di Montenero fu un unico, grande podere che comprendeva la quasi interezza della collina di Montenero, nell'omonima contrada.
La proprietà apparteneva alla numerosa famiglia dei " Di Maggio", con capostipite Bartolo.
Col tempo però, e con il susseguirsi delle successioni ereditarie e dei lasciti, la zona vide il moltiplicarsi di piccoli proprietari diversi anche se discendenti della stessa famiglia e dunque imparentati.
Ancora oggi, si riscontra in diversi proprietari della zona il ricorrersi del cognome, se non anche il nome, degli antichi proprietari...
E' con Giuseppe che sposa una Di Maggio, che le attuali Terre di Montenero cominciano a prendere la forma odierna.
Nel 1902 infatti, Vincenza Di Maggio, promessa sposa di Giuseppe, riceve in dote un pezzetto di quelle terre. Si tratta di quelle terre poste a sud, sul versante castelbuonese della collina.
Giuseppe, ricordato da chi lo conobbe, come uomo mite e di buon cuore, vi baserà la propria attività di coltivatore, senza però abbandoranre per questo quella precedente di allevatore.
Sarà lui , dopo averne acquisito il terreno, a costruire la prima casa, in origine di una sola stanza, il cui iniziale uso fu di semplice supporto logistico.
Anna Maria Di Maggio, sorella di Vincenza, fu proprietaria del podere conosciuto come "Vigna" .
Emigò definitivamente nelgli States prima del 1928.
Rosa, altra sorella di Vincenza, fu proprietaria del podere conosciuto col nome di "Casa".
Emigrò negli States nel 1913 e vendette la sua terra per procura ad Antonio.
Vincenzo, fratello di Vincenza, emigrò anch'egli negli USA. fece brevemente ritorno nel 1955, anno in cui donò ad Antonio (suo nipote), la propria terra, oggi conosciuta appunto col nome di "Zio"
Se nell'ultimo secolo c'è stato un uomo che ha dedicato la propria vita a questo luogo, coltivandolo e migliorandolo, quet'uomo è Antonio, figlio di Giuseppe.
Agricoltore da sempre, Antonio si dedicherà alla sua attività, pienamente, sin dagli anni '30.
Acquisterà dei terreni limitrofi, aggiungendoli così a quelli ereditati ed a quelli nel frattempo donatigli negli anni '50 da zii emigrati in USA.
Amplierà la casa così come ancora oggi si trova; si prodigherà per trovare l'acqua, finalmente riuscendoci!
Fu lui a volere la coltivazione delle viti da uva e sempre lui iniziò ed ampliò la coltivazione degli ulivi e la produzione dell'olio.
Antonio fu un coltivatore assiduo di alberi di frassino per la produzione della MANNA, il succo dell'albero in amore, dolcificante naturale ed ingrediente nella migliore pasticceria siciliana.
Fu sua infine l'iniziativa di far costruire nel 1969 la piccola cappella dedicata al SS Crocifisso che tutt'ora resiste al tempo all'entrata del podere.
E' a lui in definitiva che si deve l'attuale conformazione e consistenza delle Terre di Montenero.
Antonio, opera gli "intacchi" su un albero di frassino,da dove poi sgorgherà la Manna.
Con il ritiro di Antonio, ed il contemporaneo mutare dei tempi, si avrà un fermarsi del progredire del luogo.
La proprietà passerà alla figlia Enza, che per motivi di lavoro vive lontano ma che cresciuta essa stessa in quei luoghi a cui resterà per sempre legata, farà quanto è possibile per mantenere almeno lo status quò.
Pur non di meno , con lei vengono realizzati importanti opere di consolidamento, prime fra tutte un grande spiazzale a protezione della casa e la parziale recinzione della proprietà
Gli anni duemila vedono l'arrivo dell'attuale proprietà: ad Enza, subentra (anzi si affianca) Paolo; bisnitpote di Giuseppe.
Anche Paolo vive lontano dalle Terre di Montenero. ma anche lui ne è legato fortemmente e se ne prende cura, ogni volta che può..
I documenti più antichi custoditi dalla famiglia sulla proprietà,risalgono al 1901 e parlano di un lascito ereditario dei Di Maggio da parte di Francesca Ragusa, presumibilmente una prozia, deceduta nel 1899.
Si è dunque assunta la più antica data certa per stabilire una data di ricorrenza, sebbene probabilmente non sia proprio la più antica in assoluto.
Nel 2009 si è dunque festeggiato il 110° Anniversario.
I "Ferri del mestiere" della cultura contadina madonita, semplice e schietta. fatta di fatica e sudore, premiata da un pasto caldo e frugale e dalla recita del Rosario al calar del sole...
Dopo breve restauro, sono stati raccolti gli attrezzi di Antonio,a testimonianza della sua vita ma anche del sacrificio quotidiano dell'uomo nella sua lotta con la natura
La "Lancedda" : recipiente in lamiera, in genere da 25 lt utilizzato per il trasporto dell'acqua potabile. Era molto comodo da agganciare ai lati delle bisacce degli animali da soma, molto diffusi sino agli anni '70..
Aveva l'invidiabile pregio di matenere fresca l'acqua per molte ore..
Un albero di Frassino lavorato per molti anni da Antonio ed ancora esistente come molti alri, nei terreni a sud.
La Manna fu un prodotto richiestissimo sino agli anni '50 e '60, sino a quando non ebbe più mercato per il diffondersi della mannite sintetica, i cui costi di produzione risultarono assai più contenuti
I terreni a sud si prestavano meglio alla coltivazione della Manna, gicchè tale prodotto è sensibilissimo al variare del tasso di umidità nell'aria. E' sufficiente un minimo aumento del tasso di umidità presente nell'atmosfera per far sciogliere il prodotto in un liquido non più utilizzabile.
Se vuoi saperne di più, vai alla pagina nella sezione "Usi e tradizioni", oppure clicca uno dei link quì sotto:
it.wikipedia.org/wiki/Manna
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